Da alcuni mesi il presidente turco Erdogan ha aperto il passaggio dei profughi siriani che hanno abbandonato la regione di Idlib, nel nord della Siria, dove si combatte da tempo tra le truppe governative siriane di Assad, appoggiate dalla Russia, e le milizie ribelli alleate di Al Qaida e sostenute dalla Turchia. Fonti delle Nazioni Unite parlano di circa novecentomila persone in fuga dalla guerra, che la Turchia non intende più trattenere sul proprio territorio, nonostante un accordo siglato con la Unione Europea nel 2016, che prevedeva un aiuto finanziario di sei miliardi di euro da parte della UE alla Turchia in cambio della garanzia che i profughi non sarebbero arrivati in Europa. Si trattava di un accordo poco onorevole per la UE, che dopo aver accolto un certo numero di migranti all’interno dei propri confini – la Germania ne aveva accolti circa un milione – intendeva blindare i propri confini.
E’ vero che la Turchia ospita quasi tre milioni di profughi, raccolti soprattutto nelle zone a ridosso della frontiera con la Siria, in condizioni piuttosto precarie, e che in parte ha tentato di ricollocare nel territorio siriano sottratto alle popolazioni curde, attaccate in violazione del diritto internazionale nel corso del 2019, ma la ragione per cui Erdogan ha aperto le frontiere della Turchia ai profughi che desiderano entrare nella UE non è solo quella di alleggerire il carico dei migranti sul proprio territorio, ma anche di costringere l’Europa ad appoggiarlo nella contesa con il governo siriano riguardo alla provincia di Idlib, dove il confronto è con Assad e con la Russia di Putin.
Erdogan ha messo in atto un vero e proprio ricatto, teso a rafforzare la propria posizione in Medio Oriente, benché sia proprio la Turchia uno dei principali responsabili del conflitto che da nove anni ormai insanguina la Siria e, quindi una delle cause che determinano i flussi dei profughi. Erdogan parla di circa 135.000 siriani in marcia verso l’Europa e ha denunciato la durezza della polizia greca alla frontiera, inviando un migliaio di agenti per impedire i respingimenti verso il territorio turco. I profughi sono stati già fatti oggetto di attacchi violenti e rischiano di pagare per la prepotenza dei grandi, che si contendono pezzi di territorio siriano. L’Europa non intende aprire le frontiere, mentre Erdogan non retrocede. In questa situazione la sofferenza delle migliaia di profughi ammassati sulla frontiera greca sta diventando insostenibile. Nell’attesa di un intervento concordato a livello internazionale che ponga fine allo stallo e alle violenze, è necessario fare qualcosa per impedire che le persone più deboli, fra cui molti minori, muoiano letteralmente di freddo.
La Caritas insieme alla Associazione Nuovi Orizzonti (Cittadella delle Vena d’Oro di Belluno) aveva proposto di raccogliere delle coperte che sarebbero state poi distribuite alla frontiera greco-turca. Alcune parrocchie ed anche singole persone si sono attivate per l’iniziativa, un piccolo segno di coinvolgimento e di compassione per incrinare il muro dell’indifferenza. Ma dall’inizio della pandemia le frontiere sono state chiuse e non è stato possibile far giungere il materiale raccolto a destinazione. Non appena sarà possibile si provvederà a portare a termine l’iniziativa.
Aprile 2020
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Numerosi sono stati i progetti proposti e seguiti dalla Caritas diocesana di Belluno – Feltre in proprio, in coordinamento con Caritas italiana e con la delegazione Caritas del Nord Est.
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