Da lunedì 8 a giovedì 11 aprile si è svolto a Grado (Go) il 44mo Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Questa era la cornice in cui l’evento era inscritto: “Il Vangelo non è una notizia che si può chiudere in spazi e limiti, ma è notizia in movimento; incontro e annuncio sono dei processi. Il confine non è una linea tra dentro e fuori; è come una porta: permette di uscire e di entrare, ma si può anche chiudere e bloccare. E mentre chiudi l’altro fuori, in realtà chiudi anche te dentro. Il confine segna anche il collegamento tra centro e periferia: può essere luogo di incontro e di annuncio o luogo di distanza e confinamento; dipende da come utilizziamo la porta. Molte sono le chiavi di lettura che la parola “confine” può dare, ma comunque si ravvisa la necessità di fornire prospettive più che analisi sul passato. Il convegno ci deve aiutare a fare un passo oltre. In sostanza dobbiamo, come ci ha invitato a fare papa Francesco lo scorso agosto alla GMG di Lisbona, “ripensare i confini come “zone di contatto” e non di separazioni ed egoismi che portano inevitabilmente a conflitti”.

 

Relazioni, interventi, confronti hanno consentito di mettere a fuoco le diverse possibili letture del confine e poi, il secondo giorno, il passaggio a Gorizia e a Nova Gorica ha offerto l’occasione di conoscere le esperienze di chi il confine lo ha vissuto quando era un muro. E’ stato naturale, in quei momenti, elevare una preghiera a Dio per la pace e la cattedrale di Nova Gorica è risuonata allora di accenti e lingue diversi. Ha fatto gli onori di casa l’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas italiana, il quale ha posto in evidenza l’esistenza di confini all’interno delle Caritas: tra uffici pastorali e servizi, tra Caritas diocesane e Caritas parrocchiali, tra operatori/volontari e gli ultimi, auspicando una integrazione fra il cammino delle Caritas diocesane e le parrocchie. Forse sarebbe da rileggere qualche pagina del Vangelo (Cfr. Mt 25) ribaltando i ruoli, mettendosi dall’altra parte del confine della povertà: capiremmo allora quello che Gesù ha fatto con gli Apostoli.

 

 

L’intervento di mons. Michael Landau, presidente di Caritas Europa, si è soffermato sulla crisi che la Chiesa sta attraversando e dalla quale, è convinto, usciremo cambiati: non dobbiamo perdere la melodia di pace della gratitudine, ma dobbiamo orientarci verso una responsabilità globale. Dobbiamo proclamare il Vangelo di nuovo, non riducendo la fede a sapienza umana. E’ bene chiedersi che cosa sia essenziale per le persone, che cosa tocchi il loro cuore. La Chiesa, in particolare, deve essere la difesa di tutti gli emarginati e gli oppressi: se la Chiesa non parla per loro, chi lo farà? Del resto, alle obiezioni di chi potrebbe non apprezzare, si deve rispondere che la cura pastorale è cura dell’intera persona e del contesto in cui vive. Occorre cooperare per il bene delle persone, ricordando che c’è un legame stretto tra amore di Dio e amore del prossimo e che il ruolo di chi si impegna a servizio delle persone e del bene comune si condensa in due parole: giustizia e amore. Il presidente di Caritas Europa ha poi sottolineato che alle elezioni di giugno del Parlamento europeo si porranno sfide importanti, quindi è necessario recarsi alle urne e far sentire la propria voce: c’è bisogno di più Europa, non di meno Europa. Caritas Europa ha offerto una serie di stimoli e di proposte in un memorandum destinato al nuovo Parlamento europeo: l’accesso per tutti ai servizi sociali, il ruolo di advocacy per la Caritas, la tutela dei diritti umani per i migranti e per i richiedenti asilo, l’incremento dei fondi europei a ciò destinati, il porre la dignità umana al centro dell’azione europea, il tener conto dell’interconnessione esistente tra giustizia sociale e ambientale, la promozione della transizione verde come transizione inclusiva. Non va dimenticato peraltro che la Caritas ricopre spesso nei confronti dei migranti il ruolo che è proprio delle istituzioni. Al riguardo andrebbe avviata una nuova missione europea per proteggere le persone nel Mediterraneo. Landau ringrazia le Caritas in Italia per il grande servizio da esse reso a favore dell’umanità. L’Europa è infine chiamata a rinnovare l’impegno per la pace, la democrazia, la giustizia sociale.

 

Tra le esperienze proposte assumono un particolare significato il progetto di Avvenire per l’istruzione delle donne afgane, in collaborazione con Caritas italiana, e la testimonianza del Card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, che ha descritto il quadro drammatico delle violenze, l’intreccio degli interessi dei vari attori politici, l’incapacità dei leader a fare scelte per il bene delle popolazioni. Il Card. Zenari ha ripreso l’invito del presidente di Caritas Europa a praticare la carità nelle urne elettorali, perché sia dia spazio a soluzioni politiche per il conflitto. A conclusione del convegno il direttore di Caritas italiana don Marco Pagniello ha invitato i presenti a ripartire dalla fede e dalla speranza, lasciandosi plasmare dalla Parola, ma anche dalla realtà, cercando di coinvolgere tutti, come faceva Gesù. Per questo è importante che le nostre opere parlino di Vangelo: è il modo migliore per animare la comunità. Se dunque siamo chiamati spesso ad uscire dai confini, perché lì accade l’incontro, non è men vero che abbiamo bisogno di confini, per avere coscienza dei nostri limiti, ma anche per conoscere chi siamo e comprendere che possiamo essere ospitali, perché siamo ospitati. Animare la comunità significa privilegiare la pedagogia dei fatti, ma senza farsi prendere dall’ansia del concreto. In definitiva, la prima opera segno è lo stile delle nostre relazioni. Tra i confini da custodire c’è la legge 185/90, che disciplina per il nostro Paese la produzione e il commercio delle armi, oggi messa in discussione. Vale la pena ricordare che tutto è connesso e che, pertanto, diventa centrale l’educazione alla mondialità. Va altresì tenuto presente che la dignità della persona umana va difesa sempre (Dignitas infinita). In questo contesto Caritas si impegnerà a offrire un contributo per un’Europa senza confini. Bisogna avere il coraggio di sconfinare. A Grado era presente una delegazione della nostra Caritas diocesana.

 

Francesco D’Alfonso diac.

 

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