Domenica 24 settembre sarà celebrata la 109^ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che avrà come tema - al centro del consueto messaggio del Papa - “Liberi di scegliere se migrare o restare”. E’ il tema di una campagna lanciata lo scorso anno da Caritas italiana e opportunamente ripresa da Papa Francesco all’approssimarsi dell’anno giubilare del 2025. Nella tradizione del popolo d’Israele il giubileo cadeva ogni cinquanta anni e costituiva un’occasione di conciliazione e risanamento delle relazioni sociali, con la remissione dei debiti e il ritorno al godimento dei propri beni. Nella nostra vicenda contemporanea non sono pochi i debiti che gravano sulle spalle dei poveri, su interi popoli ai quali è negato o limitato l’accesso ai beni del Creato, la casa comune – secondo un’immagine cara al Papa – ed è importante rimettere al centro dell’attenzione nei Paesi a reddito più elevato la necessità di restituire libertà e dignità ai tanti che oggi ne sono privi.

 

La questione centrale è quella di garantire a tutti, secondo le parole del Papa, “un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale”. Questo è compito anzitutto dei governanti dei Paesi d’origine dei flussi migratori, ma è necessario anche che questi Paesi non siano depredati delle proprie risorse naturali e umane. E’ necessario a questo scopo “uno sforzo congiunto dei singoli Paesi e della Comunità internazionale per assicurare a tutti il diritto a non dover emigrare, ossia la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra”.

 

A Belluno celebreremo la Giornata di domenica 24 settembre con due momenti significativi: la Santa Messa presieduta dal Vescovo in cattedrale alle 18.30 e, a partire dalle 16, la proiezione di un docufilm nella sala teatro del Centro Giovanni XXIII. Si tratta di un cortometraggio di Alessandra Rossi, diretto da Mario Maellaro e prodotto da Rai 3 intitolato “Non fare rumore”, con la consulenza dello storico dei flussi migratori Toni Ricciardi, docente presso l’Università di Ginevra. Rossi e Ricciardi saranno presenti per l’occasione. Il film testimonia in modo efficace il dramma delle famiglie di emigrati italiani in Svizzera tra la metà degli anni Sessanta e quella degli anni Settanta, quando un accordo tra i governi italiano e svizzero apriva la strada all’emigrazione di braccia italiane nel Paese elvetico per contratti stagionali di nove mesi, la cui specificità era quella di riguardare esclusivamente la prestazione lavorativa, senza alcun riferimento alla vita familiare e ai diritti delle persone, particolarmente dei minori. Infatti, salvo un breve periodo di sei mesi, per il quale era possibile richiedere un visto turistico per i minori, al termine del quale dovevano essere rimpatriati, era fatto divieto ai lavoratori immigrati di portare con sé i figli. Questo ebbe pesanti ricadute sulla vita delle famiglie e sull’equilibrio e la crescita dei bambini. Quando non affidavano i figli ai nonni o a parenti ed amici rimasti in patria, i genitori portavano con sé i piccoli, nascondendoli nel bagagliaio dell’auto oppure non riportandoli in patria dopo la scadenza del visto turistico e li invitavano a non fare rumore, non gridare, non correre per le scale, non giocare …

 

Ancora oggi, i bimbi e i ragazzi di quegli anni portano in sé delle ferite profonde. E’ difficile immaginare che questo sia accaduto pochi decenni fa e con un accordo tra Paesi democratici ed evoluti, come l’Italia e la Svizzera. Ma questo ci ammonisce che se si guarda solo agli interessi economici la dignità umana può essere calpestata. Per non restare indifferenti al dramma di tantissimi immigrati in fuga da guerre, violenza, miseria e fame, è bene ricordare le sofferenze di quando eravamo noi a migrare ed eravamo guardati con sospetto e con pregiudizio e temevamo che i vicini di casa facessero la spia alle autorità sulla presenza dei bambini accanto ai loro genitori … Per garantire la libertà di scegliere se partire o restare, bisogna promuovere la corresponsabilità degli Stati, poiché le risorse del pianeta non sono illimitate. Come sottolinea il Papa “lo sviluppo dei Paesi economicamente più poveri dipende dalla capacità di condivisione che si riesce a generare tra tutti i Paesi”.

 

Francesco D’Alfonso diacono

 

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