Come Gesù Cristo, costretti a fuggire
106^ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato
Domenica 27 settembre sarà celebrata la 106ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, dedicata dal Papa ad una categoria particolare di rifugiati, gli sfollati interni. Per l’occasione il Vescovo Renato presiederà in cattedrale a Belluno la celebrazione eucaristica delle 18,30, alla quale sono invitati i membri delle diverse comunità di immigrati presenti sul nostro territorio, insieme ai fedeli bellunesi. Il titolo scelto dal Papa, che richiama la vicenda della Santa Famiglia costretta all’esilio, ripete i quattro verbi già usati da Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale del 2028: “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”. La Santa Sede aveva già pubblicato, a cura della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, gli “Orientamenti Pastorali sugli Sfollati interni” (5 maggio 2020). Il Papa ha voluto porre all’attenzione di tutti un dramma spesso invisibile e per di più esasperato dalla pandemia COVID-19, che ha relegato in secondo piano numerose emergenze umanitarie che non vanno dimenticate.
Si calcola che gli sfollati interni, cioè quanti per motivi legati ai conflitti, alle persecuzioni o ai cataclismi ambientali sono costretti a lasciare le loro case, pur restando nello stesso Paese, siano circa 50 milioni nel mondo, su un totale di quasi 80 milioni di rifugiati, peraltro in aumento rispetto al dato dello scorso anno di 70,4 milioni (UNHCR , Global Trends 2019). Il dramma è divenuto emblematico con la nascita dello Stato Islamico in Iraq e Siria, che ha provocato in pochi anni un flusso di almeno 6 milioni di sfollati. La maggior parte di loro non sono più potuti rientrare nelle loro terre, dove il tessuto sociale ed economico era stato distrutto insieme alle case e ai villaggi. Anche dopo la sconfitta dell’ISIS il dramma si è ripetuto per le popolazioni curde allontanate dal proprio territorio a causa dell’invasione turca, che ha costretto migliaia e migliaia di persone a cercare rifugio altrove.
Il Papa ricorda che in tutti costoro, che fuggono alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie, possiamo incontrare Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Gli sfollati ci offrono l’opportunità di incontrare il Signore, anche se i nostri occhi faticano a riconoscerlo. In questo possono aiutarci sei coppie di verbi indicati dal Papa, che suggeriscono azioni molto concrete e che tutti abbiamo potuto sperimentare in questi mesi di pandemia: 1) bisogna conoscere per comprendere: le persone non sono numeri. Conoscere le loro storie ci permette di comprendere la precarietà che sperimentano costantemente e che noi abbiamo sperimentato in questo tempo di pandemia. 2) E’ necessario farsi prossimo per servire: avvicinarsi al prossimo può significare essere disposti a correre dei rischi, ma essere vicini per servire, come tanti medici e infermieri ci hanno mostrato in questi mesi, va oltre il puro senso del dovere. 3) Bisogna ascoltare (il silenzio di questo tempo!) per riconciliarsi e 4) condividere per crescere: nessuno si salva da solo! 5) E’ necessario coinvolgere per promuovere: la pandemia ci ha ricordato quanto sia importante la corresponsabilità di tutti. 6) Bisogna collaborare per costruire: non è questo il tempo degli egoismi! Per preservare la casa comune e renderla sempre più conforme al progetto di Dio dobbiamo impegnarci nella solidarietà a livello locale e internazionale, “senza lasciare fuori nessuno”.
Era questa la convinzione anche di Papa Luciani, come ha ricordato il 26 agosto a Canale d’Agordo il vescovo di Ferrara-Comacchio Giancarlo Perego nella celebrazione del 42° anniversario della elezione al pontificato di Giovanni Paolo I: l’amore per la giustizia e la testimonianza umile e operosa della carità sono l’espressione più vera e coerente della fede. E ha citato un passo di papa Francesco dalla Gaudete et exsultate: “Alcuni cattolici affermano che (quello dei migranti) è un tema secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli” (102). Non è coerente, ha aggiunto il vescovo Perego, accusare i migranti e i profughi di essere responsabili della diffusione del contagio da Covid19, mentre al tempo stesso si sostiene, per ragioni economiche, la posizione negazionista sulla pandemia. Al centro è la dignità della persona umana, la cui verità risiede nel fatto che ognuno di noi è una creatura di Dio e che nessuno è padrone della vita dell’altro.
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